Legge antiterrorismo o contro… il wifi?

Avevo parlato della follia delle intestazioni nei mesi scorsi per provare a capire perché fosse necessaria tutta la burocrazia che c’é dietro all’intestazione di una simcard.

Chi ha provato a dare un senso a tutto ciò ha detto che fosse legato antiterrorismo, nonostante la norma che sta dietro alla registrazione delle carte prepagate sia precedente agli ultimi rischi di attentati.

Rischi che vengono declinati, a seconda delle legislazioni, in situazioni opposte l’una alle altre: nel Regno Unito, dove di terrorismo si parla da ben prima del 2001, ci sono  addetti ai lavori che commentano così: “I think the government’s so-called proposals to require mobile customers to present their passports at the point of purchase are hilarious. As a scheme, it sounds about as well well thought out as the idea of hauling off drunks to cashpoint machines to pay fines and expecting them to remember their pin numbers when they are trying not to throw up on their shoes. […]

Vodafone has a point, however. The scheme is totally unworkable. Firstly, not everyone takes foreign holidays and therefore has a passport. Second – and do you think the government possibly overlooked this one? – if Al Qaeda operatives can build a bomb, they can certainly manage to rustle up as few forged documents.
This measure would not deter any international terrorist worth his or her salt. It might however stop box breaking in its tracks. You’d think this might be good news to the networks, however they still are inclined to turn a blind eye to false connections as they are convenient means of getting quick hit sales”.

Sembrano banali considerazioni su cui poter convergere tutti, ma i legislatori spesso la pensano diversamente.

Guardiamo il nostro caso: il Parlamento Italiano, oltre ad avere i gestori dalla propria parte nella “burocratizzazione della telefonia” con fogli e controfirmeper ogni simpatica attivazione/disattivazione, ha rinnovato la legge antiterrorismo che limita il WiFi in Italia:  come ricorda “Pc World”, l’Italia è un paese atipico nel panorama europeo per ciò che riguarda la diffusione dei servizi Wi-Fi pubblici.

Basta spostarsi in Francia o Svizzera per accorgersi che nei centri abitati sono molti i possessori di computer seduti comodamente in un bar che navigano su Internet: da noi invece la situazione è ben diversa, sia per la difficoltà  a ottenere le licenze per offrire questo servizio nei propri locali, sia per una nuova legge che dal 2005 prevede per i fornitori di tale servizio l’identificazione univoca del cliente che è connesso e il mantenimento dei log con i dati del traffico Internet. Bar e ristoranti al livello di un ISP!

Questa misura antiterrorismo si è affermata nel nostro paese dopo l’attentato di Londra del 2005 ed è stata recentemente rinnovata con un nuovo decreto fino al 31 dicembre 2009. Per ironia della sorte,a Londra la stessa norma non esista: meno paura o più “distanza digitale”?

2 risposte a “Legge antiterrorismo o contro… il wifi?”

  1. in UK non serve, c’e’ la common law e se qualcuno usa il tuo AP per fare un reato sei corresponsabile, a meno che non dimostri la tua estraneita’. non occorre una legge specifica come da noi dove c’e’ la civil law.
    Facci caso e vedrai che a londra tutti gli AP che sono una infinita’ sono chiusi, ad eccezione di alcuni in locali pubblici dove pero’ viene filmato e registrato tutto.

  2. Ciao Matteo, grazie dell’intervento e della specifica legale. La corresponsabilità di fatto è arrivata anche in Italia, quel che magari potrebbe essere utile è evitare l’assurda burocratizzazione di identificazione: siamo nel 2000 ed esempi come questo (autenticazione via sms -> http://www.clio.it/notizie/dettagli.php?id_elemento=86&i=1&parola_chiave=&data_dal=&data_al=&id_categoria=13 ) sono migliori di tanti stringenti decreti. Tanto chi delinque sul serio continua a conoscere i sistemi, alla gente normale si rischia solo di staccarla dalle possibilità che ci offre oggi la tecnologia. No?

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