Esteri

WIKILEAKS

Online i cablo diplomatici Usa
L'appello su Twitter: "Ora cercate voi"

Il sito di Julian Assange pubblica gli oltre 251mila cablogrammi della diplomazia americana in suo possesso. I documenti sarebbero stati pubblicati nella loro integrità, senza omettere dettagli. I giornali ex partner criticano con forza la decisione. "Siamo uniti nel condannare la non necessaria pubblicazione"

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Prima lo aveva annunciato. Oggi l'ha fatto. Wikileaks ha pubblicato online tutti e 251.287 i cablogrammi diplomatici americani in suo possesso. I cablogrammi sono consultabili con l'aiuto di parole chiave, ha annunciato Wikileaks su Twitter senza precisare se i documenti sono stati diffusi in maniera integrale o se alcuni nomi di persone sono stati censurati preventivamente alla pubblicazione. Quello che è certo è che per la consultazione non c'è alcuna password di protezione e non sono necessarie particolari competenze tecnologiche per improvvisarsi "investigatori".

La decisione di mettere online l'intero archivio di informazioni diplomatiche nasce da una doppia constatazione dello staff di Wikileaks. Il presunto "tradimento" del Guardian, e le analisi "di parte" dei media ufficiali sui cablogrammi. Poco prima della mezzanotte (ora di Nwe York), Assange ha quindi pubblicato sul social network, due link (1 - 2) attraverso i quali accedere ai 60 GB (torrent) dei files completi del Cablegate.

I file sono disponibili in forma criptata ma viene data anche una chiave per la lettura, oltre che per la ricerca. Il materiale è enorme e agli utenti viene quindi richiesto, quando possibile, di segnalare le proprie scoperte. "La stampa mondiale non ha abbastanza risorse", spiega lo staff di Wikileacks. "E c'è molta parzialità". La "scelta" è dunque affidata a tutti gli utenti, senza editing e senza filtri. 

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Resta ancora da capire se anche questi nuovi documenti confidenziali siano stata pubblicati integralmente: nei giorni scorsi infatti, il sito aveva cominciato a diffondere 134mila cablogrammi senza omettere dati sensibili che potevano mettere in pericolo vite umane, riconducendo alle fonti delle informazioni. Questa scelta aveva fatto infuriare l'Australia, protagonista di parte dei documenti riservati finiti online, che aveva accusato il suo cittadino Assange di danneggiare la sicurezza nazionale e l'operatività degli agenti coinvolti nella lotta al terrorismo con rivelazioni inopportune e pericolose.

E' la prima volta che il sito di Assange applica una politica del genere. Prima d'ora aveva sempre centellinato le uscite dei cablogrammi accordandosi di volta in volta con testate prescelte. Ma la polemica aperta con il Guardian, ha fatto cambiare le scelte politiche e le tattiche di Wikileaks. Nell'estate del 2010 il giornalista investigativo del quotidiano britannico David Leigh pregò Assange di lasciargli una copia del Cablegate, cosa che l'australiano fece in cambio di alcune regole da rispettare obbligatoriamente. Regole che però Leigh, secondo Wikileaks, non rispettò. Il suo piano era quello di passare una copia del Cablegate al New York Times. Cercò anche di far assumere al giornale un membro dello staff di Wikileaks, Heather Brooke, per poi poter accedere alle sue informazioni e scavalcare Assange. Nello stesso tempo alcune soffiate le otteneva dal giornalista James Ball, molto vicino a Wikileaks. Non fidandosi più di Leigh, Assange chiuse definitivamente i rapporti con la testata britannica e il primo novembre 2010 firmò accordi con altri 90 media considerati da lui "più onesti e degni di fiducia". Leigh cercò di vendicarsi scrivendo un libro, 'The Rise and Fall of WikiLeaks', che sarebbe stato pubblicato in tempo per il processo ad Assange di febbraio. Nel libro Leigh scrisse anche la password di accesso ai cablogrammi (che conosceva solo parzialmente ma che era stato messo in grado di ricostruire proprio da Assange). Il giornalista si difende affermando che Assange gli garantì che la password sarebbe durata pochi giorni e che dunque sarebbe stata ampiamente superata al momento della pubblicazione. A sua difesa, il quotidiano britannico aveva inoltre riferito che il 4 agosto scorso c'era stato un incontro "cordiale" tra Assange e il direttore Rusbridger, durante il quale il fondatore di Wikileaks non aveva "mai menzionato alcuna crepa nel sistema di sicurezza".

Ma il fondatore del sito ha deciso di reagire pubblicando l'intero archivio del Cablegate. Già ieri, il Dipartimento di Stato Usa aveva criticato le azioni "irresponsabili, sconsiderate e pericolose" del sito, affermando di essere stato avvisato della divulgazione imminente di informazioni, sottolineando tuttavia che gli appelli di Washington erano stati ignorati.

La mossa di Assange è stata duramente criticata anche dal Guardian, New York Times, El Pais e Der Spiegel, le stesse testate che con WikiLeaks avevano collaborato pubblicando i cablogrammi. Ma "in parti scelte e dopo diverse valutazioni", sostengono i direttori dei giornali. "Siamo contrari alla decisione di WikiLeaks che è irresponsabile e mette a rischio nomi di persone che non devono essere coinvolte", hanno detto i giornali in un comunicato congiunto.

I documenti contengono più di mille cablogrammi con i nomi di attivisti, altri sono "strictly protect", definizione usata dagli Usa per documenti delicati, potenzialmente pericolosi, molti smascherano informatori, altri contengono le referenze di persone oppresse dai loro governi, altri indicano le referenze di vittime di reati sessuali, altri ancora specificano location di infrastrutture governative segrete. Sono circa 2970 per esempio i documenti del Dipartimento di Stato Usa provenienti dalle sedi diplomatiche statunitensi in Italia, per lo più dall'ambasciata a Roma. Una settantina di questi provengono invece dai consolati Usa di Napoli, Milano e Firenze. I documenti abbracciano un arco di tempo di 22 anni, dal 25 agosto 1988 al 26 febbraio 2010.

Anche il sito Reporter senza frontiere si è schierato contro Assange ieri, già quando aveva cominciato a rilasciare i file, prima ancora che li pubblicasse interamente. Il problema per Reporter senza frontiere è il rischio che potrebbero correre gli informatori israeliani, iraniani e afgani il cui nome ora sarà reso pubblico, inoltre per Rsf pubblicare indistintamente 92mila report rifletterebbe un problema reale di metodologia e credibilità sulla selezione delle informazioni. Contro il fondatore di Wikileaks si è schierata anche l'organizzazione umanitaria, Amnesty International, ha criticato . "Ci dispiace - ha detto l'organizzazione al Times - che documenti che mettono a rischio persone, tra cui anche attivisti per i diritti umani, siano diventati pubblici".

"Difendiamo quel che abbiamo fatto in collaborazione con Wikileaks ma siamo uniti nel condannare la non necessaria pubblicazione dei dati completi", si legge nel comunicato del Guardian, New York Times, El Pais e Der Spiegel. "La decisione di pubblicare l'intero archivio senza un previo controllo è di Julian Assange, e sua soltanto la completa responsabilità delle conseguenze".