Alcune cose che non mi piacciono di WhatsApp

WhatsAppChi mi conosce (anche) fuori dal blog sa che non amo molto WhatsApp (che ho scaricato ma mai mi sono registrato). Sa anche quanto sia difficile convincermi a cambiare idea quando ho preso una decisione.

Non è che non ami risparmiare. Anzi. Sono uno di quelli che cerca tra mille tariffe, scruta nelle note e cerca sempre l’offerta migliore.
Per chi comunica molto con la messaggistica, niente da dire: WhatsApp va sicuramente in questo senso. Niente da dire. Anzi.

Perché non trovate il mio numero su WhatsApp

Perché non mi sono mai registrato? Domanda che ogni amico mi ha fatto in questi anni.

La risposta tecnica è la più facile. Un mese fa riportavo su Mondo3 la decisione di due garanti stranieri che riassumevano i (miei) dubbi sulla riservatezza che, da tempo, spiegavo ai miei due amici che ancora mi ascoltano: “[…] per utilizzare il servizio di WhatsApp gli utenti devono fornire l’accesso alla rubric. Tutti i numeri di telefono presenti nel proprio dispositivo mobile vengono inviati a WhatsApp per facilitare l’identificazione di altri utenti dell’applicazione. Invece di eliminare i numeri di cellulare dei non utenti (come il mio ad esempio) WhatsApp li conserva, mentre le leggi canadesi e olandesi prevedono che le informazioni di backup debbano avere uno scopo specifico. Al momento solo per gli utenti Apple con iOS6 è possibile aggiungere manualmente i contatti ed evitare questa raccolta di dati. [..]”

Andiamo al sodo di queste poche righe. Se l’amico X ha il mio numero in rubrica – associato magari al mio nome (o peggio ancora a qualche soprannome) – lo invia ai server di WhatsApp che, a loro volta, fanno una cosa comodissima: appena mi registrerò, informeranno tutti coloro che hanno il mio numero che sono presente sull’app senza evitare lunghe e noiose aggiunte manuali. Bello… ma insomma. Io appunto non mi sono mai registrato.

Eppure chi fornisce il servizio ha il mio numero collegato al mio nome grazie a X. Magari anche grazie a Y, Z e altre decine di miei contatti. Che magari mi hanno associato, giustamente direi, anche al soprannome “Rompiscatole”.

Quindi in teoria si potrebbe anche sapere questo. Certo, non è un dato sensibile come quelli sanitari o altri. Non comprendo lo stesso perché una società terza gestisca così dati di utenti che non hanno mai usato i loro servizi. Qualche incompatibilità c’è e soprattutto ci sarà  da pensare al futuro. Siamo nel 2013, all’interno della Commissione Europea si sta lavorando a una nuova legge sul trattamento dei dati personali e quel che può essere tollerato oggi, un futuro chissà…. Non ho la palla di vetro, ma un po’ di sana prudenza sì.

Intanto rimango in attesa di sapere se alla lettera a WhatsApp del Garante italiano per la privacy di ieri ci sarà  mai una risposta.

Ok, ma il vero motivo qual è?

La risposta più franca: scoraggiare le chat inutili, inutile girarci in tondo. Il mio numero è diffuso, le potenziali rotture di scatole sono innumerevoli! 🙂
Non solo, dato che è gratis, temo che, nel prossimo futuro, WhatsApp diventi più il gemello di Messenger che un modo per comunicare al posto dei costosi SMS. Chi vivrà vedrà.

4 risposte a “Alcune cose che non mi piacciono di WhatsApp”

  1. Ma pagliaccio ke nn sei altro……parli di privacy su una pikkolissima kosa e poi i tuoi dati sensibili girano per l’italia grazie a societa kome enel italgas……internet….ma fatti furbo cazzone

  2. Di solito cancello commenti del genere, a volte sono utili per far capire tante cose.

    Comunque nelle bollette delle utenze condivido i miei dati anagrafici e conosco la policy di condivizione, le conversazioni private (quelle bazzecole protette dalla Costituzione, etc.) è più facile che le fornisca tramite messaggistica o servizi vocali: il punto era ed è su questa seconda dimensione ovviamente senza dimenticare la prima (attenzione sempre al consenso dell’uso dei dati personali nel primo caso, specie verso terzi).

  3. e tu sappi che la k si usa per abbreviare che o chi.. moccioso..

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