I nemici di internet (e non solo)

Alcuni dati interessanti arrivano da un’indagine su 2400 famiglie pubblicata da inviatospeciale.com.

Ci sono buoni numeri ed altri cattivi, partiamo dai secondi. Un italiano su due non si collega ad internet. Mai. Anzi il dato è ancora peggiore, sono ben 6 su 10 quelli che non lo fanno. E se ne vantano pure ,tanto che il 31,6% di queste persone dice di preferire il contatto diretto (con repubblica.it lo vedo difficile…), mentre il 7,6 non si fida. Infine gli onesti: un modesto 5,5% confessa di averci provato ma di non esserci riuscito. Quindi chi non utilizza internet lo fa perchè non ha le competenze, il 46 per cento, o perchè non gli interessa, non sa cosa sia, il 43 per cento, o perchè non gli interessano i contenuti, il 9 per cento.

Niente male, sicuramente è uno spunto di riflessione importante per capire che per molti il futuro non è dietro l’angolo. Andiamo a vedere però chi sul web ci va davvero: oltre ai lettori di questo blog, il 58,5 per cento di chi naviga lo fa quasi tutti i giorni per cercare informazioni e utilizzare la posta elettronica. Si collega da casa da casa all’ 84,5 per cento e con l’adsl. Solo il 9 per cento usa ancora la linea telefonica tradizionale, mentre il 6,4 la rete mobile. Una nicchia che cresce.

Mediaset Premium, molto view ma poco pay

Ricavi Mediaset Premium: i ricavi Pay Tv (vendita di carte, ricariche ed Easy Pay) hanno raggiunto i 72,2 milioni di euro con una crescita del 63,7% rispetto ai 44,1 milioni di euro dei primi tre mesi del 2008. Le carte attive al 31 marzo 2009 sono pari a circa 3,3 milioni rispetto ai 2,9milioni del 31 dicembre 2008.

• L’ebit si è attestato a 95,6 milioni di euro rispetto ai 137,9 milioni di euro del primo trimestre 2008.

• I costi televisivi totali registrano una diminuzione dell’1,8% rispetto al primo trimestre 2008 a conferma di una scrupolosa politica di efficienza che non ha effetti sulla ricchezza del palinsesto e sugli ascolti delle reti Mediaset.

• L’utile netto è stato pari a 47,4 milioni di euro rispetto agli 80,5 milioni di euro del primo trimestre 2008.

[via Digital-Sat – Trimestrale Mediaset: a fine marzo 3.3 milioni di carte Premium attive]

3.100.000 clienti: insomma, che si prenda il dato dell’EBIT o dei ricavi viene circa 23 euro a scheda (o poco più). Siamo schietti, non sono manco 2 euro al mese… se la pay-per-view è il futuro ho il sospetto che Mediaset Premium debba cambiare strada. E sono buono sui dati di ascolto… per quelli basta vedere le pagine 530 e ss. del Televideo Rai.

Anche le mucche piangono

Prendo la battuta in prestito dall’amico blogger Maxkava che, parlando di una possibile nuova tassazione degli operatori delle TLC spagnole, si chiede : “Sono abbastanza preplesso, mi sembra che quando non si sappia dove trovare soldi, le mucche da mungere siano sempre le stesse. Che ne pensate?

Rispondo schiettamente. Penso che nel caso specifico facciano bene: basta guardare le tariffe finali degli operatori mobili. Gli operatori vendono a tanto quel che a loro costa poco o niente. Avrei pensieri peggiori se invece a chi fa sempre (meno giustificati) extraprofitti li avessero presi dall’aumento di un punto percentuale di tasse agli altri vettori del settore privato dove margini del 15/20000% non sono concessi neanche dalla più permissiva delle antitrust… demogogia, populismo? Forse sì, ma attenzione che è (finalmente) la strada intrapresa dall’UE.

Meno male che l’Europa c’è

Le Elezioni Europee si avvicinano, ma le TLC è come se non esistessero. Tra i tanti temi delle varie campagne, infatti, riecheggiano tanti appelli che raramente riguardano la telefonia. Che invece, come testimonia Viviane Reding, è un settore fondamentale della nostra quotidianità e della nostra vita.

Andiamo quindi noi a vedere quel che l’Europa sta facendo: dopo la nota vicenda dell’Eurotariffa si torna ai costi di terminazione. Sono state definite dalla Commissione Europea le regole (riassunte in una raccomandazione dopo aver studiato oltre 120 proposte in merito) per l’applicazione dei metodi basati sul costo delle tariffe di terminazione (addebitate a un utente per connettere chiamate provenienti da un altro utente).
Secondo la raccomandazione le nuove tariffe si baseranno solo sui costi reali di un operatore, togliendo di fatto le differenze di prezzo fra i gestori di telefonia Europei  (prezzi al momento compresi in un range che va dai 2 ai 15 centesimi al minuto, a seconda della nazione, per i telefoni fissi, e dai 57 ai 113 per i mobili). Conseguenza del livellamento sarà l’abbassamento dei costi delle chiamate vocali internazionali (sono previsti fra il 2009 e il 2012 risparmi per le famiglie di ben 2 miliardi di Euro), con successivo aumento della concorrenza fra i vari gestori di telefonia.
La convergenza delle tariffe dovrebbe portare, secondo le previsioni della Commissione, ad un abbassamento dei prezzi entro il 2012, rispetto a quelli attuali, di fino a 3 centesimi al minuto.

Dovrebbe, il condizionale è d’obbligo specie in una nazione come la nostra dove l’AGCOM ha in mente tutt’altro piano di abbassamento dei costi. Non diciamo sbagliato, sicuramente asimmetrico e poco coerente con l’indicazione comunitaria. Intanto le associazioni dei consumatori sono soddisfatte, mentre il buon Stefano Quintarelli dice una cosa giusta sull’extraprofitto che ha causato un equilibrio del mercato artificiale. Non è che bisognava essere iscritti a qualche partito per vedere che alcuni modelli dello sviluppo industriale delle TLC non erano propriamente i più adatti per la concorrenza…

[via BitCity]

SMS: è l’ora di adeguarsi all’Europa

“Sms troppo costosi giro di vite delle Authority” titola la “Repubblica”. Che scrive:

L’analisi (di AGCOM e AGCM, nda) sottolinea, a questo punto, un paradosso. Dal primo luglio, per volontà della Commissione europea, il costo di un Sms tra Parigi e Roma, oppure tra Atene e Berlino non potrà superare gli 11 centesimi. Una beffa, insomma, è alle viste: scambiarsi un messaggino tra Oslo e Marsiglia costerà meno che tra Benevento e Ascoli. Proprio per questo, il Garante delle Comunicazioni propone di intervenire subito perché il prezzo massimo dell’Sms italiano non si riveli superiore rispetto a quello tra nazioni comunitarie.

Altro problema. Le società italiane della telefonia mobile riconoscono che il prezzo massimo dei loro Sms è sempre pari a 15 centesimi di euro. Ma se questo è vero, le società italiane non hanno forse stretto un patto sotterraneo? Non si sono forse accordate per imporre (sempre al 25% di italiani) tutte lo stesso prezzo? Spetta all’Antitrust, nella riunione di oggi, valutare questa criticità concorrenziale.

Il paradosso di cui scrivevo solo pochi giorni orsono. E che riguarda anche internet mobile nonchè l’onerosa tariffazione a scatti, le due autorità se lo ricordino.

Call center: guerra tra poveri

Operatori del 133: sono tutti stranieri ormai? si chiedeva un amico su Mondo3. Beh, la risposta viene dagli stessi sindacati. E riguarda tutti i gestori. “In queste settimane grandi aziende di tlc e media stanno accelerando un processo di delocalizzazione di attivita’ in Paesi con minori salari e diritti, mettendo a rischio migliaia posti di lavoro“. Lo denuncia, in una nota, la segreteria nazionale di Slc-Cgil. “In particolare – si legge – Telecom Italia, Vodafone, Wind, H3G e Sky stanno in questi mesi riducendo le attivita’ nel nostro Paese, affidando servizi di customer care e di back office ad aziende in Romania, Albania e Tunisia, con gravi rischi occupazionali e con una qualita’ offerta ai consumatori enormemente inferiore. Il fatto gia’ in se’ grave, diviene oggi drammatico in un momento di difficolta’ del Paese e con decine di imprese di call center in Italia che hanno scommesso su una competizione basata sulla qualita’ e non sulla gara a chi paga di meno i lavoratori o con meno tutele“. Il sindacato proporra’ dunque nei prossimi giorni “a Cisl e Uil di richiedere un tavolo specifico al ministero del Lavoro e al ministero delle Attivita’ produttive, dove consegneremo tutta la documentazione in nostro possesso”. Infine “come Slc-Cgil chiediamo alle imprese e al Governo di condividere una ‘moratoria’ in materia di licenziamenti e di delocalizzazioni di attivita’ oggi lavorate in Italia“.

[via Aduc]