L’Sms compie dieci anni, tra i dubbi linguistici
di Giuseppe Burschtein*
L’Sms, il messaggino inviato col cellulare, compie dieci anni. Una nuova tecnologia che ci ha imposto un modo singolare di comunicare e ha introdotto un gergo conciso come un codice fiscale. 160 caratteri, limite massimo per racchiudere le nostre idee. Pochi spazi su un display microscopico che ci hanno obbligato a percorsi linguistici innovativi. “Ttt†per dire “tutto†ed ecco che la lingua, in un balzo in avanti, ritrova
modalità grafiche antiche e avocaliche come gli idiomi arabi e semiti. Un sistema di comunicazione che ha riportato in luce la relazione asincrona, epistolare e che ha scalzato il primato al linguaggio sincrono, parlato del telefono. La lingua in diretta, che con l’Sms e poi con l’email, fa spazio al linguaggio in differita; pensato, ripensato, corretto.
Mi sono chiesto spesso se il linguaggio degli Sms fosse un’evoluzione della lingua o un impoverimento. Mi sono domandato se quei pochi caratteri fossero l’espressione di un pensiero essenziale, sostanziale o il manifestarsi di un codice esausto, privo dei suoi elementi più vitali come le parole articolate, i concetti complessi. Scrivere in uno spazio ristretto ha a che fare con una comunicazione efficiente o solo scarna? La necessità di contenere in pochi “digit†la forza del messaggio, contribuisce a ripulire il linguaggio dai suoi elementi convenzionali, spesso
inutili o proprio privandolo di componenti formali saremmo incapaci di far evolvere una comunicazione in una vera relazione verbale? “Tvb†si
può scrivere o no?
* Docente di contenuti multimediali per il digitale da Il Firenze, sabato 28 aprile 2007