Cellulare ed educazione

Alzo la mano. Sono tra coloro che spesso (direi financo troppo spesso) è al cellulare.

In spazi pubblici, ovviamente. Va detto che però cerco di essere discreto, per quanto è possibile. Vibrazione al posto della suoneria, tono di voce basso e, specialmente quando sono in treno/bus e/o in coda, telefonate brevissime per richiamare più tardi.

Era una cosa su cui riflettevo proprio a pranzo: ero in coda, in rosticceria, ad aspettare il mio turno dopo una biondina. La quale, appena ha squillato il cellulare, non ha esitato a rispondere e non ha altrettanto esitato a far temporeggiare l’attesa di tutti nel dire, con un’educazione sicuramente da rifondare, che “beh, servi pure gli altri! Non vedi che sono al telefono?”. Non faccio in tempo a cedere il mio passaggio alla persona successiva che, ancora al cellulare, vuole ‘riconquistarsi’ la priorità nel servizio. Scarso rispetto avevo pensato.

E, puntuale come non mai, tornato in ufficio il mio sguardo cade su un articolo del Corriere Fiorentino che parla proprio di situazioni simili con negozi che hanno deciso, in pieno centro a Firenze, di non servire le persone in coda che stanno parlando al telefono. «Lo abbiamo fatto – spiega la commessa della tabaccheria di Santa Maria Novella – perchè siamo stanchi della maleducazione di certi clienti che vogliono essere serviti mentre parlano e a volte litigano al cellulare. È una forma di mancanza di rispetto che non sopportiamo». C’è anche un sondaggio dove si chiede ai fiorentini se sono d’accordo o meno con questa decisione.

Ora, alle 17:21, il 95% dice di sì. Ne sono tanto contento quanto incredulo nel notare che solo il 5% di chi ha risposto è in disaccordo. Mi sa che alla fine i più onesti, conoscendo i propri vizi, siano stati davvero i secondi…

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