La fibra ottica finanziata dai costi di terminazione?

La domanda nasce dal rileggere un articolo pubblicato su “Repubblica” nei giorni scorsi (vedasi Progetto a tre sulla fibra ottica IL RETROSCENA del 30 giugno 2008 a firma di Stefano Carli).

Si parla di far crescere la fibra ottica nel nostro paese e tra le varie forme per trovare i capitali si fa un’interessante analisi sui costi di terminazione tanto di moda negli ultimi tempi.

Il punto di partenza è semplice. All’Italia serve la banda larga […] Ma la banda larga italiana non ha un padre. Non uno Stato superindebitato come l’Italia. Non un incumbent superindebitato come Telecom Italia. E i soldi che servono sono intorno ai 20 miliardi di euro: in Italia ci sono più di 20 milioni di linee, e il costo per allacciare un utente in fibra ottica è di circa 900 euro.
E allora? Allora l’unica soluzione è creare un sistema in cui ognuno faccia un pezzo. […]
Sarà insomma una rete ottica a macchia di leopardo: parte pubblica e parte privata, in parte regionale e in parte magari di municipalizzate.[…]
Garante di tutto il processo sarà poi l’Autorità di Calabrò, che trova così un suo nuovo e più vigoroso ruolo proprio mentre il suo mandato originario, quello di vigilare sull’apertura dell’ex monopolio telefonico, sta andando a terminare.
Telecom in questo piano perde la speranza di avere un controllo totale sulle Ngn. Ma d’altra parte Bernabè ha sempre detto di non puntare al modello seguito finora da Deutsche Telekom, quello tradizionale, del secolo scorso: investimenti in cambio di monopolio. Anche perché non è che la posa di nuova fibra in Germania stia correndo. In cambio ottiene che tutto il paese e perfino i suoi concorrenti si impegneranno nelle nuove reti. E poiché lo scorporo della rete si sposta sulle Ngn può dormire sogni relativamente tranquilli sul destino della sua rete in rame: non gliela toccheranno più.
Gli altri operatori da Wind a Tiscali e a Fastweb che cosa ci guadagneranno? E’ uno dei passaggi più delicati. Finora le ‘altre’ Telecom hanno investito molto: in rapporto ai fatturati molto di più di Telecom Italia. E non vogliono vedersi costrette ad investire al buio nelle Ngn mentre faticano a far quadrare i conti in un mercato in cui Telecom ha ancora il 70% di quota. Una soluzione ci sarebbe: utilizzare per le reti ottiche il sistema che ha fatto decollare il mercato del mobile. I costi di terminazione.
Oggi una telefonata che raggiunge un utente mobile garantisce al gestore dei quell’utente una somma che è circa 14 volte quella che incassa un operatore di rete fissa per lo stesso lavoro. Una differenza che è servita a finanziare la realizzazione delle reti mobili e che ha di fatto garantito la concorrenza tra operatori su tutti i mercati. Ma quell’obiettivo è stato raggiunto e infatti oggi Viviane Reding, commissario Ue ai media, sta lavorando ad un taglio drastico di queste tariffe. Un taglio del 70% che potrebbe togliere qualcosa come 2 miliardi di euro di ricavi complessivamente agli operatori mobili europei. Ma gli operatori mobili europei sono di fatto tutti integrati. Solo H3g, nelle sue vari diramazioni italiana, britannica e austriaca è oggi soltanto mobile. La stessa Vodafone sta investendo sempre di più sulle reti fisse. E proporre un passaggio degli extra ricavi che premiano gli investimenti sulle nuove reti dal mobile al fisso (ma solo le Ngn, non certo il ‘vecchio’ rame) potrebbe essere una soluzione.
Questa è la direzione. Scajola, Bernabè e Calabrò hanno iniziato a lavorarci. L’idea sembra buona ma la strada è lunga e faticosa. Bisogna superare remore e diffidenze radicate e tutti dovranno convincersi che nessuno sta giocando sporco. Ma, se sarà davvero così, si può fare.

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